Come guadagnare soldi senza spaccarsi la schiena

“Uomo, con il sudore del tuo volto mangerai il tuo pane”

(A meno che non impari a fare operazioni immobiliari)

Il denaro continua ad essere oggetto di convinzioni errate, soprattutto nella maggioranza degli italiani, che continua ad approcciarlo in maniera disfunzionale a condurre una vita di relax e ricchezza.

Lo rincorrono forsennatamente anziché costruire sistemi per attrarlo.

In questo articolo ti vorrei parlare di quella correlazione scomoda che c’è tra guadagno e fatica.

Avrai senz’altro sentito dire molte volte la frase: 

  • “La ricchezza non si acquista senza fatica”.

Ma anche:

  • “Sono tornato a casa dal lavoro stanco morto”
  • “Soldi guadagnati col sudore della fronte”

Ecc.

Sentiamo frasi che onorano lo sforzo fisico in continuazione, e questo sarebbe un bene nell’età dei Faraoni e le Piramidi.

Ma nel XXI secolo, se mi permetti, epoca in cui puoi aprire un’attività e lavorare online, scusa ma possiamo parlare di “sudore della fronte” soltanto se a casa non hai l’aria condizionata.

Per questo motivo mi prendo lo spazio di questo articolo per spezzare una volta per tutte quell’equivalenza scomoda che si è creata tra i soldi e la fatica.

Perché zitto zitto questo sodalizio ha creato dei bei danni nel campo degli investimenti. Infatti siamo sicuri che avremmo molti più investitori tra le nostre schiere se questa credenza non strisciasse sottopelle a una buona fetta di italiani.

Perché questa attrazione perversa per il lavoro fisico?

Anzi: perché questa repulsione per gli investimenti?

“Chi non lavora non fa l’amore”, lo diceva Claudia Mori a Celentano.

Lasciare lavorare i soldi? Ma che sei matto? Che poi mia moglie… chi la sente?!

I muratori, loro sì che si spaccano la schiena. Oppure il catramista che in autostrada ad agosto dà una ripassata al manto stradale (che tra il sole e il motore della betoniera, ci saranno sessanta gradi percepiti). Quello lì sì, che si merita i suoi soldi fino all’ultimo.

Dalla notte dei tempi, ogni soldo deve essere meritato. Ed è impossibile non essere d’accordo con una visione meritocratica del mondo.

Ma perché la moneta di scambio devono essere la fatica, la privazione del proprio tempo su base oraria, la sofferenza?

Che sia forse il cristianesimo ad aver trasmesso il messaggio che il lavoro “vero” sia quello di tirare l’aratro, una sorta di “punizione” per aver assaggiato il Frutto Proibito, e tutto ciò che non comporta fatica e sofferenza ne sia una sorta di distorsione indegna?

Il punto è questo: ancora oggi i “poveri” considerano il lavoro una sorta di male ineliminabile, un qualcosa da buttar giù di traverso. E, di conseguenza, i soldi fruttati da quel lavoro, qualcosa di “sporco”.

(E forse è proprio a causa di questa visione negativa che non riescono a fare lo switch fondamentale, di cui ti parlerò tra poco).

Ora io non sono nella testa di tutte le persone ovviamente, ma penso che un ricco dalla gente comune sia:

  • invidiato;
  • invidiato;
  • invidiato ancora un po’;
  • disprezzato.

Sì, disprezzato: perché ha guadagnato soldi “non giusti”.

“Ah, ma chissà in che modo li ha fatti tutti quei soldi”

“È sempre vestito bene, ma quando lavora?!”

“Avrà sicuramente sfruttato altre persone”

Insomma il conto corrente altrui dà proprio fastidio, se si è riempito senza mani callose o dolorose lombosciatalgie.

Date questo premesse, è inevitabile che quello che facciamo noi investitori venga visto di cattivo occhio.

Questo perché “l’uomo comune” non sa assolutamente come funziona un’operazione immobiliare, ed è facile da fuori abbaiare l’accusa di “speculazione”. 

In realtà:

  • Non sa quanto lavoro c’è dietro.
  • Non sa che con il saldo a stralcio si salvano delle vite.
  • Non sa che rivendiamo a un prezzo più basso di quello di mercato; quindi tutti, acquirente finale compreso, traggono vantaggio dalla nostra operazione.

Ma fino a quando l’educazione finanziaria sarà la materia più ignorata in Italia (a pari merito soltanto con la Fisica Quantistica), penso che possiamo rassegnarci al fatto che “là fuori” rimane il concetto che “fare soldi senza fatica non va bene”.

Ma è davvero così?

Analizziamo meglio la situazione.

“Fermi tutti, sono stato frainteso. Quello era un Aratro metaforico”

Ebbene, c’è bisogno che qualcuno dica ad alta voce che il guadagno non ha una correlazione così stretta con lo spaccarsi la schiena. E che una persona che fa più fatica non deve necessariamente essere pagata di più.

Perché?

Perché quello che un dipendente sia pagato per quanta fatica fa è proprio un cattivo assunto (scusami, non ho resistito alla battuta).

L’imprenditore non rosica mica se deve pagare un lavoratore che non soffre, che non si sporca di malta o che non va tutte le settimane dal fisioterapista per doloretti sparsi qua e là.

Oserei dire che non gliene frega nulla.

Ok, io non conosco personalmente tutti gli imprenditori d’Italia, ma posso dire con ragionevole certezza che all’imprenditore interessa il fatturato dell’azienda. Solo il fatturato, nient’altro che il fatturato.

Quindi se il dipendente lavora senza spaccarsi la schiena, lui può essere soltanto più contento, a ben vedere: così evita di assentarsi. Ha un umore migliore, e rende di più. Magari fa anche più straordinari. 

(Questo per quanto riguarda il rapporto strettamente professionale; per quanto riguarda quello personale, voglio sperare che qualsiasi persona voglia la salute di un’altra persona a prescindere).

Quindi adesso rompiamo quel sodalizio guadagno – fatica di cui abbiamo parlavo all’inizio.

La fatica fisica non c’entra nulla con guadagnare soldi

Sai cosa vuole l’imprenditore?

Che il dipendente porti più valore dentro la sua azienda, cosicché l’azienda abbia a sua volta più valore da portare sul mercato.

Questo è lo switch di mentalità fondamentale che deve fare ogni lavoratore: sei pagato per quanto valore porti all’azienda, non per quanta fatica fai.

Che tu tagli lamiere, trasporti cassette di frutta o scrivi articoli sul web, il concetto non cambia. 

Sei pagato per quanto valore porti all’azienda

Se fai inserimento dati, all’azienda importa che tu sia veloce, quindi tendenzialmente dovresti digitare con entrambe le mani. E se per qualche motivo vuoi battere i tasti con una mano sola, questo è un problema, perché il valore del tuo lavoro, su base tempo, è minore.

Pensa a una proiezione in ordine di giorni, mesi, anni.

Ma se la tua velocità di digitazione è comunque ottimale, se riesci a stare nei tempi richiesti, io penso che la mano sinistra puoi anche continuare a tenertela in tasca.

So che mi sto tirando contro le antipatie di tutti i fisioterapisti, osteopati e massaggiatori d’Italia. Ma il concetto questo è: il dolore alla schiena non serve in nessun modo a gonfiare la busta paga.

Ma c’è dell’altro.

Sei tu che stabilisci quanto vali e quanto guadagnare

Se anche lavori per te stesso, sei un libero professionista, il succo non cambia: è sempre uno scambio: porti valore al mercato, e questo ti torna indietro in soldi. In maniera direttamente proporzionale a quanto quello che fai è:

  • fatto bene
  • difficile da fare
  • raro

Detto in una frase: se aumenti le tue competenze aumenti il tuo valore nel mercato.

Se la fatica rimane fuori dall’equazione, e vi entrano le competenze come parametro per stabilire quanto si è pagati dal mercato, ecco che capiamo anche perché i lavori che richiedono il solo sforzo fisico siano bistrattati dal mercato a livello di remunerazione.

Allestire gli scaffali di un supermercato, non può portarti in busta paga uno stipendio a 4 zeri.

Perché?

Per la legge domanda / offerta.

Appiccicare i cartellini dei prezzi e allineare le marmellate sono attività che possono fare tutti.

Questo significa che qualunque disoccupato senza particolari competenze specifiche ambisce potenzialmente a quel posto. E tanta offerta di “risorse” equivale ad un abbassamento del costo.

Cosa devo fare per farti pagare di più?

Due cose:

  1. Acquisire competenze più specifiche. Le competenze rare vengono pagate tanto.

Investi su di te.

  • Che tu sia un dipendente,
  • Che tu sia un libero professionista,
  • Che tu sia un investitore,

se aumenti le tue competenze, ti aumenti lo “stipendio” da solo.

Si dice che servono soltanto 1000 ore di studio per diventare “esperto” di qualcosa. Non so se sia vero, probabilmente in materie molto tecniche come il saldo a stralcio è anche qualcosina di più.

Ma certamente investire nel capitale umano ad oggi, se ambisci a una vita “comoda”, è una scelta che non puoi evitare.

Opzione numero 2:

  1. Il pregiudizio verso chi non “si sporca le mani” cosa ci dice? Che la stragrande maggioranza delle persone è fortemente ancorata al concetto di lavoro time consuming.

Non sanno sfruttare la leva del tempo. Non solo non hanno idea di come si faccia a far lavorare i soldi, ma per qualche strano retaggio cattolico-culturale, trovano questa cosa innaturale, irrispettosa, poco etica o chi diamine sa cosa.

Ma se tu hai letto questo articolo può darsi tu sia di un’altra pasta rispetto a loro. Quantomeno accarezzi, o hai accarezzato l’idea di crearti delle rendite slegate da qualsiasi sforzo fisico e dal tuo tempo.

Ma per saperlo con ragionevole certezza, ti invitiamo a fare il test

Vai al test: Che tipo di investitore sei?

Non è il solito test in cui metti le crocette e alla fine ti viene assegnato un profilo più o meno a caso. Abbiamo concepito il questionario in modo meticoloso e preciso, e siamo curiosi di sapere se ci abbiamo preso anche stavolta.

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Come guadagnare soldi senza spaccarsi la schiena

“Uomo, con il sudore del tuo volto mangerai il tuo pane”

(A meno che non impari a fare operazioni immobiliari)

Il denaro continua ad essere oggetto di convinzioni errate, soprattutto nella maggioranza degli italiani, che continua ad approcciarlo in maniera disfunzionale a condurre una vita di relax e ricchezza.

Lo rincorrono forsennatamente anziché costruire sistemi per attrarlo.

In questo articolo ti vorrei parlare di quella correlazione scomoda che c’è tra guadagno e fatica.

Avrai senz’altro sentito dire molte volte la frase: 

  • “La ricchezza non si acquista senza fatica”.

Ma anche:

  • “Sono tornato a casa dal lavoro stanco morto”
  • “Soldi guadagnati col sudore della fronte”

Ecc.

Sentiamo frasi che onorano lo sforzo fisico in continuazione, e questo sarebbe un bene nell’età dei Faraoni e le Piramidi.

Ma nel XXI secolo, se mi permetti, epoca in cui puoi aprire un’attività e lavorare online, scusa ma possiamo parlare di “sudore della fronte” soltanto se a casa non hai l’aria condizionata.

Per questo motivo mi prendo lo spazio di questo articolo per spezzare una volta per tutte quell’equivalenza scomoda che si è creata tra i soldi e la fatica.

Perché zitto zitto questo sodalizio ha creato dei bei danni nel campo degli investimenti. Infatti siamo sicuri che avremmo molti più investitori tra le nostre schiere se questa credenza non strisciasse sottopelle a una buona fetta di italiani.

Perché questa attrazione perversa per il lavoro fisico?

Anzi: perché questa repulsione per gli investimenti?

“Chi non lavora non fa l’amore”, lo diceva Claudia Mori a Celentano.

Lasciare lavorare i soldi? Ma che sei matto? Che poi mia moglie… chi la sente?!

I muratori, loro sì che si spaccano la schiena. Oppure il catramista che in autostrada ad agosto dà una ripassata al manto stradale (che tra il sole e il motore della betoniera, ci saranno sessanta gradi percepiti). Quello lì sì, che si merita i suoi soldi fino all’ultimo.

Dalla notte dei tempi, ogni soldo deve essere meritato. Ed è impossibile non essere d’accordo con una visione meritocratica del mondo.

Ma perché la moneta di scambio devono essere la fatica, la privazione del proprio tempo su base oraria, la sofferenza?

Che sia forse il cristianesimo ad aver trasmesso il messaggio che il lavoro “vero” sia quello di tirare l’aratro, una sorta di “punizione” per aver assaggiato il Frutto Proibito, e tutto ciò che non comporta fatica e sofferenza ne sia una sorta di distorsione indegna?

Il punto è questo: ancora oggi i “poveri” considerano il lavoro una sorta di male ineliminabile, un qualcosa da buttar giù di traverso. E, di conseguenza, i soldi fruttati da quel lavoro, qualcosa di “sporco”.

(E forse è proprio a causa di questa visione negativa che non riescono a fare lo switch fondamentale, di cui ti parlerò tra poco).

Ora io non sono nella testa di tutte le persone ovviamente, ma penso che un ricco dalla gente comune sia:

  • invidiato;
  • invidiato;
  • invidiato ancora un po’;
  • disprezzato.

Sì, disprezzato: perché ha guadagnato soldi “non giusti”.

“Ah, ma chissà in che modo li ha fatti tutti quei soldi”

“È sempre vestito bene, ma quando lavora?!”

“Avrà sicuramente sfruttato altre persone”

Insomma il conto corrente altrui dà proprio fastidio, se si è riempito senza mani callose o dolorose lombosciatalgie.

Date questo premesse, è inevitabile che quello che facciamo noi investitori venga visto di cattivo occhio.

Questo perché “l’uomo comune” non sa assolutamente come funziona un’operazione immobiliare, ed è facile da fuori abbaiare l’accusa di “speculazione”. 

In realtà:

  • Non sa quanto lavoro c’è dietro.
  • Non sa che con il saldo a stralcio si salvano delle vite.
  • Non sa che rivendiamo a un prezzo più basso di quello di mercato; quindi tutti, acquirente finale compreso, traggono vantaggio dalla nostra operazione.

Ma fino a quando l’educazione finanziaria sarà la materia più ignorata in Italia (a pari merito soltanto con la Fisica Quantistica), penso che possiamo rassegnarci al fatto che “là fuori” rimane il concetto che “fare soldi senza fatica non va bene”.

Ma è davvero così?

Analizziamo meglio la situazione.

“Fermi tutti, sono stato frainteso. Quello era un Aratro metaforico”

Ebbene, c’è bisogno che qualcuno dica ad alta voce che il guadagno non ha una correlazione così stretta con lo spaccarsi la schiena. E che una persona che fa più fatica non deve necessariamente essere pagata di più.

Perché?

Perché quello che un dipendente sia pagato per quanta fatica fa è proprio un cattivo assunto (scusami, non ho resistito alla battuta).

L’imprenditore non rosica mica se deve pagare un lavoratore che non soffre, che non si sporca di malta o che non va tutte le settimane dal fisioterapista per doloretti sparsi qua e là.

Oserei dire che non gliene frega nulla.

Ok, io non conosco personalmente tutti gli imprenditori d’Italia, ma posso dire con ragionevole certezza che all’imprenditore interessa il fatturato dell’azienda. Solo il fatturato, nient’altro che il fatturato.

Quindi se il dipendente lavora senza spaccarsi la schiena, lui può essere soltanto più contento, a ben vedere: così evita di assentarsi. Ha un umore migliore, e rende di più. Magari fa anche più straordinari. 

(Questo per quanto riguarda il rapporto strettamente professionale; per quanto riguarda quello personale, voglio sperare che qualsiasi persona voglia la salute di un’altra persona a prescindere).

Quindi adesso rompiamo quel sodalizio guadagno – fatica di cui abbiamo parlavo all’inizio.

La fatica fisica non c’entra nulla con guadagnare soldi

Sai cosa vuole l’imprenditore?

Che il dipendente porti più valore dentro la sua azienda, cosicché l’azienda abbia a sua volta più valore da portare sul mercato.

Questo è lo switch di mentalità fondamentale che deve fare ogni lavoratore: sei pagato per quanto valore porti all’azienda, non per quanta fatica fai.

Che tu tagli lamiere, trasporti cassette di frutta o scrivi articoli sul web, il concetto non cambia. 

Sei pagato per quanto valore porti all’azienda

Se fai inserimento dati, all’azienda importa che tu sia veloce, quindi tendenzialmente dovresti digitare con entrambe le mani. E se per qualche motivo vuoi battere i tasti con una mano sola, questo è un problema, perché il valore del tuo lavoro, su base tempo, è minore.

Pensa a una proiezione in ordine di giorni, mesi, anni.

Ma se la tua velocità di digitazione è comunque ottimale, se riesci a stare nei tempi richiesti, io penso che la mano sinistra puoi anche continuare a tenertela in tasca.

So che mi sto tirando contro le antipatie di tutti i fisioterapisti, osteopati e massaggiatori d’Italia. Ma il concetto questo è: il dolore alla schiena non serve in nessun modo a gonfiare la busta paga.

Ma c’è dell’altro.

Sei tu che stabilisci quanto vali e quanto guadagnare

Se anche lavori per te stesso, sei un libero professionista, il succo non cambia: è sempre uno scambio: porti valore al mercato, e questo ti torna indietro in soldi. In maniera direttamente proporzionale a quanto quello che fai è:

  • fatto bene
  • difficile da fare
  • raro

Detto in una frase: se aumenti le tue competenze aumenti il tuo valore nel mercato.

Se la fatica rimane fuori dall’equazione, e vi entrano le competenze come parametro per stabilire quanto si è pagati dal mercato, ecco che capiamo anche perché i lavori che richiedono il solo sforzo fisico siano bistrattati dal mercato a livello di remunerazione.

Allestire gli scaffali di un supermercato, non può portarti in busta paga uno stipendio a 4 zeri.

Perché?

Per la legge domanda / offerta.

Appiccicare i cartellini dei prezzi e allineare le marmellate sono attività che possono fare tutti.

Questo significa che qualunque disoccupato senza particolari competenze specifiche ambisce potenzialmente a quel posto. E tanta offerta di “risorse” equivale ad un abbassamento del costo.

Cosa devo fare per farti pagare di più?

Due cose:

  1. Acquisire competenze più specifiche. Le competenze rare vengono pagate tanto.

Investi su di te.

  • Che tu sia un dipendente,
  • Che tu sia un libero professionista,
  • Che tu sia un investitore,

se aumenti le tue competenze, ti aumenti lo “stipendio” da solo.

Si dice che servono soltanto 1000 ore di studio per diventare “esperto” di qualcosa. Non so se sia vero, probabilmente in materie molto tecniche come il saldo a stralcio è anche qualcosina di più.

Ma certamente investire nel capitale umano ad oggi, se ambisci a una vita “comoda”, è una scelta che non puoi evitare.

Opzione numero 2:

  1. Il pregiudizio verso chi non “si sporca le mani” cosa ci dice? Che la stragrande maggioranza delle persone è fortemente ancorata al concetto di lavoro time consuming.

Non sanno sfruttare la leva del tempo. Non solo non hanno idea di come si faccia a far lavorare i soldi, ma per qualche strano retaggio cattolico-culturale, trovano questa cosa innaturale, irrispettosa, poco etica o chi diamine sa cosa.

Ma se tu hai letto questo articolo può darsi tu sia di un’altra pasta rispetto a loro. Quantomeno accarezzi, o hai accarezzato l’idea di crearti delle rendite slegate da qualsiasi sforzo fisico e dal tuo tempo.

Ma per saperlo con ragionevole certezza, ti invitiamo a fare il test

Vai al test: Che tipo di investitore sei?

Non è il solito test in cui metti le crocette e alla fine ti viene assegnato un profilo più o meno a caso. Abbiamo concepito il questionario in modo meticoloso e preciso, e siamo curiosi di sapere se ci abbiamo preso anche stavolta.

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